- Te la do io la meraviglia del vivere, lurido verme, se non mi restituisci le cento biotte che mi devi. Piccolo Cristo da nulla che sei. - disse Carmelo Fiore.
L'albergo era più o meno al centro di Milano. "Il Cavaliere della Tavola Rotonda", credo si chiamasse. Carmelo Fiore era spaparanzato in un letto di una camera qualsiasi dell'ultimo piano. Venticinque credo che fossero. Non era un uomo cattivo ma aveva la cassa toracica non più grossa di una scatola di scarpe e lui era alto quasi due metri. Sembrava uscito direttamente da un quadro sconosciuto di Modigliani. Il suo soprannome era Shakespeare, perchè era capace di recitare il monologo di Amleto tutto difilato senza nemmeno prendere fiato. Era autore di una sola poesia che declamava a ogni occasione con gran successo. La sapevo a memoria anch'io una volta, quante volte l'avevo sentita, parlava comunque di treni che partivano nella notte e di una faccia triste e delusa che sorgeva in cielo che poi era lui. Se ne stava allampanato sul materasso con le sole mutande, sembrava una statua gotica venuta decisamente male. Fumava una sigaretta francese da un soldo. La testa ce l'aveva a angolo retto appoggiata al muro rispetto al ciocco legnoso del suo corpo di pagliaccio di circo. Sembrava un pupazzo buttato senza cura sul letto. Il cuscino ce l'aveva sotto i piedi puzzolenti e neri. Faceva bene alla circolazione diceva, ma anche darsi una sciacquata alle palle ogni tanto faceva bene alla circolazione, però questo non lo diceva mai. La cenere la buttava direttamente sul pavimento. Il portacenere era invece lindo e pulito sul tavolo vicino la porta. Senza mai spostare la testa incastrata contro il muro faceva però il gesto di lanciare la cenere verso il portacenere dopo una lunga boccata di fumo. Peccato che il tavolino fosse lontano più di sette metri, ma il fatto era che la cenere era tremendamente leggera e così cadeva metà sul letto e metà sul tappeto.
- Estate di merda. - disse poi. - Se queste son le vacanze potete tenervi tutto il resto della mia vita...
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GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
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Un personaggio con strani poteri per il semplice fatto che diceva sempre la verità qualunque essa fosse. Gli altri erano comunque sempre sbaragliati e lasciati secchi dalla sua inquietante presenza...
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