Libri Acquaviva

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poesia, romanzi, racconti, filosofia

domenica 28 luglio 2013

GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO intervista su Alda Merini al "Corriere della Sera"

GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO, UNO SCRITTORE UNDERGROUND CHE SI AUTOPRODUCE DA SE' I SUOI ROMANZI

LA BELLEZZA DEL LIBRO

Se non ti piace la bellezza del libro
preferisci forse la bruttezza dell'ignoranza?
g. d'ambrosio angelillo

ACQUAVIVA, UNA LIBERA REPUBBLICA DI UTOPIA LETTERARIA



UNA VITA FATTA DI LIBRI


un mio amico che vive in un bunker con pareti fatte di libri è stato minacciato di sfratto dal condominio perché il pavimento della sua casa, per il peso tremendo degli innumerevoli volumi potrebbe crollare, ma lui se ne fotte! Anzi adesso li ha messi anche nel ballatoio, li ha impilati in due artistiche colonne proprio a incorniciare la porta della sua meravigliosa soffitta, incastrato in una delle due mi dice che è sicuro che fino a pochi giorni fa ci fosse anche "La vita breve", adesso è sparita, come può essere stata "sfilata" evitando il crollo della colonna resta per noi un mistero...
E.W.
(on G. D'Ambrosio Angelillo)

PENSIERI DI UNO SCRITTORE UNDERGROUND

PENSIERI DI UNO SCRITTORE UNDERGROUND di G. D'Ambrosio Angelillo


UOMO
Non sono nato scarafaggio nè cane. Sono nato uomo. Io credo che mi sia andata molto bene.
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ESPERIMENTI
Tutti i libri sono degli esperimenti, più o meno riusciti. Ecco perchè io credo che bisogna scriverne parecchi prima di essere così fortunati da beccare il capolavoro. Il capolavoro non viene se ti eserciti con lo stile o con la sintassi. Il capolavoro viene solo se ti fai massacrare dalla verità del linguaggio che tu stesso hai messo su.
L'editing è invece una bastonatura di anime vive che sono le nostre stesse personalissime lingue delle nostre medesime esistenze.
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I CRITICI
I critici non dicono mai niente su di me. O non mi capiscono o non mi leggono. Per me è una condizione formidabile: il silenzio. Dostoevskij temeva sempre le recensioni. "Chissà quale malvagità avranno escogitato questa volta per me", diceva. Meglio la tranquillità che un versamento di bile.
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LA STRADA
Non ho mai messo piede in un salotto o in un cenacolo di intellettuali. Ho preferito sempre la strada per la mia personale ricerca letteraria, che poi è sempre coincisa con la ricerca della verità sull'uomo e sulla vita. Ho sempre preferito la compagnia di una puttana o di un balordo agli esegeti esperti in lana caprina dei caffè letterari.
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IL GRANDE ROMANZO
Quando hai scritto un grande romanzo anche se non ne parla nessuno sei l'uomo più felice del mondo.
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SCRIVERE
Scrivere è una vocazione. Ogni scrittore somiglia solo a un monaco zen. Il rumore della sua sola mente è una religione monoteista che fa di ogni soffitta un maestoso convento.
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L'ARTISTA
Un pò di mondo l'ho visto. E anche e soprattutto i grandi paesi civili. E devo dire che l'Italia mi è sempre mancata. Mi mancava soprattutto il caldo, la musica, il vino, il sole, il mare, la verità suprema dell'Arte nostra. L'Italiano è un superpazzo ma è libero, per questo l'Italia sarà sempre superiore a qualsiasi superpotenza dilettante. L'Artista è il vero professionista nella speciale arte di vivere. E questo l'Italiano, nella sua follia e nella sua fortuna, non lo riprende mai da nessun paese straniero.
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I POVERI
Soldi e lavoro. Tutti ne vogliono. Soprattutto i disperati. Ma gli uomini sono sempre gli stessi. Non ne vogliono mai sapere di spartire giusto come bravi fratelli. Ognuno vuole tutto, come uno stupido bambino.
Per questo io preferisco la povertà. Il povero gli basta quel che ha. E se lo fa pure avanzare. Per dare in ogni evenienza qualcosina agli altri.
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IL ROMANZO
Di solito anche un romanzo di 1000 pagine è tutto racchiuso in un'immagine. Non tutti si ricordano che la parola teoria significa visione. Idea significa pure qualcosa del genere. Il pensiero e così anche la narrazione è sempre in maniera originale un film che si sviluppa da un unico quadro primordiale.
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DOSTOEVSKIJ
Dostoevskij ha più di una ventina di tecniche diverse nell'arte di scrivere romanzi, e le applica contemporaneamente in un'unica opera. Uno scrittore forte e originale di solito ne possiede solo una. Immaginate ora la potenza narrativa di Dostoevskij. E di solito lui come uomo rimane pure zitto. E' come un direttore d'orchestra che suona contemporaneamente tutti gli strumenti dell'orchestra rimanendo come direttore muto. Un genio di genii.
Kafka, Joyce, Cèline hanno sviluppato, ognuno in maniera originale uno diverso, solo un aspetto dell'arte panumanistica di Dostoevskij. Per non parlare di tutti i grandi narratori russi del '900, tutti figli di Dostoevskij.
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LA GIOVENTU'
Uno scrittore rimane sempre nel suo intimo un eterno giovane. La gioventù non è assolutamente una questione d'anagrafe. E' una questione di cuore. Senza gioventù è quasi impossibile pure scrivere.
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BORGHESIA E RIVOLUZIONE
Il capitalismo è sempre quello di una volta. Solo che ora non sono più i bambini inglesi a lavorare in fabbrica 12 ore al giorno, ma i bambini indiani e i bambini cinesi e brasiliani. Solo che le borghesie nazionali sono ora un gruppo di nazioni (il cosiddetto Occidente) e il proletariato tutto il resto della baraonda dei poveri operai di tutto il mondo, sempre sfruttati dal medesimo gruppo di capitalisti con il sistema stupido e autolesionista del dislocamento delle fabbriche nei paesi della miseria mondiale, con l'assurda e disumana scusa del basso costo del lavoro. Se il lavoro non costa quasi nulla anche la vita umana non costerà quasi nulla. Libertà Fraternità, Uguaglianza, le vecchie parole d'ordine della grande Rivoluzione francese rimangono ancora oggi la prospettiva di salvezza dell'intera umanità.
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ARTE E VITA
Dostoevskij descrive con verità l'umanità, oltre se stesso. Io vorrei avere pure questa tempistica e questa premura. Talora ci riesco, talora no. Ma pure mi ritengo forte perchè ho assunto la lezione e la so come fosse la mia. Dostoevskij è un maestro che è diventato una presenza costante in ogni mio racconto. Anche se non si mostra. Ho raccontato una volta la sua opera e il suo pensiero e con somma mia sorpresa ho scoperto che lui il suo infinito romanzo assoluto l'aveva scritto con la sua stessa vita.
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SPINOZA
A 10 anni chiesi a Dio di farmi diventare il più forte giocatore di calcio del mondo. Divenni invece una schiappa che picchiava in sovrappiù gli avversari. A 17 anni scoprii chi era davvero Dio grazie a un libro di Spinoza. E allora non gli ho mai più chiesto nulla perchè avevo già tutto: la vita.
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ROMANZI DI FORMAZIONE
Un grande scrittore scrive sempre e soltanto romanzi di formazione. Perchè formati non siamo mai e sempre cerchiamo di diventare ciò che una volta sognammo di diventare in gioventù.
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SCRITTURA
Scrivo sempre a mano su un quaderno qualsiasi. Ho un legame fisico con la mia scrittura, con la mia grafia, le mie assurde zampe di galline che razzolano nell'aia del cuore umano alla ricerca continua di un frantume di calore sincero e disinteressato. Per questo non correggo quasi mai, ho troppo rispetto per la mia scrittura così come sgorga, come acqua di fontana di foresta selvaggia.
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JOSEPH K.
Uso sempre quasi il mio personaggio Joseph K. Joseph in omaggio a tutti i miei patriarchi antichi sognatori che sono tutti gli artisti che amo. K. è invece come una X, uno sconosciuto che si dibatte in una eterna ricerca di se stesso, quasi sempre incompiuta e impossibile. E poi per quel grande amico mio triste che è Franz Kafka.
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LA VITA
La vita, è questo l'argomento. Spinoza diceva che non ne esistevano altri, tranne che per gli stupidi.
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SIGARETTA
Per uno scrittore la sigaretta è come la penna. Una penna di tabacco che si mette in bocca, si accende e si aspira con il fumo di tutte le cose, mentre sulla carta, bruciando qualcosa dentro,
si scrivono parole di brace e di cenere grigia.
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I CRUSCAIOLI
Ci sono pure gli amanti delle cagate di mosche tra le righe di un'opera, e questi sono gli accademici, i cruscaioli, i puzzalnaso. Costoro di spirito capiscono come gli osti di questioni divine solo perchè trafficano con il vino. Costoro non amano nessuno, e si vede. Tra le cose che disprezzano maggiormente è il nuovo. Con loro si sarebbe sempre al livello della prima elementare. Bella calligrafia, nessuna macchia d'inchiostro, e piedi uniti sotto il banco.
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ROCK
Ascolto sempre musica rock quando scrivo. Mi faccio prendere dal ritmo e dal soul. Mi faccio plasmare dagli svisi di chitarre e dalle voci rotolanti come macigni su tutto quello che immagino. La mia scrittura è pure un rock suonato tra le nuvole di una strada dove si può solo correre.
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L'AMORE
Credo come Dante che l'Amore sia il motore dell'intero universo. Anche se l'attrazione ha come legge di compensazione l'allontanamento perentorio e fatale.
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UMILTA'
Sono uno scrittore umile. Perchè forse non posso fare altrimenti, dirà qualcuno di voi. Forse, ma la verità è che la superbia mi fa proprio scendere il latte dalle ginocchia. Io semplicemente mi accontento. Faccio il mio lavoro e mi basta. Ho sempre avuto una finestra di soffitta puntata sul cielo stellato. E' tutto quello che mi serve per scrivere. Oltre un tavolo sgangherato, una sedia malferma, un grosso quaderno bianco e una penna di inchiostro blu. Il salario di romanziere me lo passa immancabilmente un angelo che mi vuole bene fin da quando sono nato.
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Giuseppe D'Ambrosio Angelillo

IL SEGRETO DI UNO SCRITTORE di Thomas Ferrara

IL SEGRETO DI UNO SCRITTORE: G. D'Ambrosio Angelillo

Romanziere, filosofo, poeta, saggiatore. Testa dura e intelligenza tosta. Scrive a valanga, nessuna tirata, poche recensioni. Un ragazzo tra delinquenti, un giovane maledetto, arrivismo zero, narratore fluviale, amante marinaio. L'Autore che si autoproduce da se stesso senza mai guadagnarci più di 4 soldi messi in croce. Un giovane patriarca. Un amico pazzo, e un'amica genio. Angelillo è un uomo del mistero. Racconta di altri, poco di se stesso, questo non tanti lo capiscono. Lui nasconde e depista. In questo discepolo verace di Dostoevskij e Nietzsche, dei quali pure si è occupato moltissimo.
"Un grafomane anche alquanto pericoloso", ha detto di lui un suo ex-amico di gioventù, ora famoso scrittore nazionale che vuole l'anonimato.
Di amici ne ha avuto tantissimi, tantissimi gli hanno voltato le spalle. Motivo? Non pervenuto. Lui non molla e se ne frega di tutti.
Un capitolo di libro al giorno, 31 romanzi, 257 racconti, biografie, saggi, raccolte di aforismi, poemi, dozzine di brogliacci senza titolo. Angelillo sta a cavallo del Terzo Millennio mangiandosi a colazione espressionismo, a pranzo spinozismo, a cena esistenzialismo. E' amico di Kafka, confidente di Joyce, intimo di Cèline.
Sono 10 anni che non legge più niente: "il suo cervello è saturo come una cantina di re di vino", dice un altro suo amico pseudofamoso, anche lui in para di anonimato.
"E' un anarchico protestante anche se non lo ammetterà mai", dice di lui un altro ex-amico.
"Ormai di Spinoza e di Machiavelli sa così tanto che finalmente ha capito che non serve contrapporsi al destino o lottare per una morale, la lotta e l'amore, anche questo una sottile forma di combattimento, sono contemplati con gli occhi di un gatto che semplicemente muove la coda solo perchè semplicemente gliela muove il vento. Sono tutti dei Raskolnikov in nuce, degli assassini senza costrutto e idealisti di portafoglio, dei superuomini rinnegati e amanti del castigo più che del delitto, così la pensa veramente quel supermatto", e così dice di lui una sua amica giornalista che addirittura lo odia. Motivo? Un bidone di 20 anni fa.
"Siamo tutti dei farabutti senza fondo, dei poeti senza ascensore, dei mediocri senza fama ma con tanta violenza e tanto risentimento in ogni piagnisteo e in ogni lamento che pratichiamo", dice lui stesso in un suo racconto inedito. Destinazione: lontananza e oblio
Narratore straordinario, scrive per strada, come un balordo qualsiasi. In corso di creazione diventa violento e intrattabile, per poi diventare buono e mansueto come un idiota alla Dostoevskij o come un Don Chisciotte.
Numero sterminato di pagine scritte in un mese, spicchio di tavolo per lavorare non più grande di un quaderno, stanza di lavoro un bunker fatto di libri e di quaderni. Capace di pesare il suo sorriso e spedirlo a uno sconosciuto qualsiasi.
Pazzia e depressione. Un fenomeno di scrittore che non conosce scrupoli o cambiali. Non chiede prestiti a nessuno. "Ho già moltissimo di mio, dice, e so cosa farmene".
E' amico di accoltellatori, ciclisti professionisti, poeti laureati, grassoni ciclopici, ubriaconi incalliti, professori universitari, nani, ballerine e pagliacci. E lui è tutti loro messi assieme che non fa domande a nessuno.
"Diverso dai diversi? Nemmeno per sogno. Sono troppo pigro, mi spaventa sentirmi superiore a chicchesia. Sono un umiliato tra milioni di umiliati, sono un offensore tra milioni di offensori".
Eppure scava più a fondo nel suo narrare e ti accorgi che Angelillo non ha paura nè del tutto nè del nulla, nè dell'abisso nè del cielo. Il suo semplicemente è un umanesimo totale.
"Sono un uomo e nulla di ciò che è umano lo ritengo estraneo da me stesso", è la sua massima di vita e di arte sempre vagante e viva e concreta.
Provinciale e metropolitano, contadino e marinaio, fanatico e umile, odiatore delle macchine e amante del buon vino. Amico di tutti e comunque sempre un orso solitario, un autentico lupo della steppa nella folla sterminata della Milano odierna.
"Un fuori di testa tutto sommato, ma con parecchio sale nella sua straripante follia", dice di lui un molto finto amico, ora impiegato di banca superiore.
"Un popolano che ha fatto l'Università, un parvenu che si atteggia a professore, vuole guidare una mongolfiera ma la sua patente di triciclo è ormai scaduta da tempo, un apprendista stregone che ritiene di conoscere il mondo, mentre le tasche gli sono perennemente sfondate". 
"Vuole conoscere la verità, ma si circonda di mentitori. Di lui non saprete mai niente di preciso perchè le cose più grosse che ha fatto non le confida a nessuno."
"Lui scrive ma in realtà vuole sempre trombare, come tutti. Dei soldi se ne fotte è vero, ma vuole fare tutto e così non diventa mai niente".
"E' un grande ascoltatore, questo glielo ammetto, ma poi ti ruba l'anima e te la sbatte nella pagina scritta, per me è un autentico demonio. E così se ne può andare all'inferno, da dove certamente un giorno è venuto fuori".
"Per trombare tromba, ma pure scrive come un dannato. Per me con lui anche Freud avrebbe dei seri problemi per decifrarlo".
"Per me il suo segreto è Dostoevskij, con un maestro come Dostoevskij per amico è molto difficile fargli le scarpe, almeno come scrittore".
"Sa tutto dei Greci, della Rivoluzione Francese, di Napoleone, della Seconda Guerra Mondiale, per me quell'uomo è semplicemente un enigma".
"Ha fatto così tanti lavori che sulla carta d'identità alla voce professione dovrebbero scrivere: rompighiaccio atomico".
Così dicono di lui i suoi tanti finti e veri amici.
L'Autore che si autoproduce tutti i suoi libri con la sua Piccola Casa Editrice ACQUAVIVA, dal nome del suo paese contadino di origine: Acquaviva delle Fonti, in Puglia.
Lui se lo interroghi afferma di essere quello che si vede, di dire quello che pensa, e di fare quello che dice.
"La parola di un uomo per me ha ancora un senso e un valore, molto più di qualsiasi cosa scritta", parola di scrittore underground.
I giornalisti e i critici lo ignorano bellamente, lui incassa e dice che sono molto gentili con lui: almeno non ne parlano male.
TV e monolocali non parlano mai di lui pure, e lui sorride e dice: "qual è il problema? Io odio la TV ma amo moltissimo i libri, e so che anche loro mi vogliono un sacco di bene":
Come scrittore e come uomo di cosa mai aver paura allora?

THOMAS FERRARA,
"underground"
fanzina toscana

ACQUAVIVA CONQUISTA MILANO di Franco Petrelli de "LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO"

LA ROMANTICA AVVENTURA DELL'EDITOR ACQUAVIVA di Valerio Venturi

LA ROMANTICA AVVENTURA DELL'EDITOR ACQUAVIVA di Valerio Venturi

La romantica avventura dell’editor Acquaviva



Scritto da Valerio Venturi
23 Luglio, 2007 - 10:26 am

Nella Categoria: interviste, arte, cultura, italia



Luglio 23rd, 2007



pubblicata su www.ilfattonline.com





Milano. Chi possiede un libro di Alda Merini, può darsi abbia in casa un prodotto della piccola editrice ‘Acquaviva’. Lo riconoscerà dall’aspetto artigianale, dall’acquerello in copertina, dalle pagine interne pubblicate solo fronte.

Perché ‘Acquaviva’ é un editore anomalo. Come il suo ideatore: Giuseppe D’Ambrosio Angelillo, scrittore, poeta, poligrafo pugliese d’origine e milanese d’adozione. Un tipo che ha scelto di fare tutto da sé. Scopo unico: la libertà d’azione ed espressione. Laureato in filosofia, studioso di Marx, si definisce ‘metropolitano’ e ‘notturno’.



A Milano é un eroe della scena underground. Voleva essere autore ed editore: lo é diventato radicalmente, vivendo di quello che i libri che fa gli danno. Lo abbiamo incontrato. Ed abbiamo conosciuto un ‘animale strano’ (nel senso buono del termine) che fa filosofia e poesia anche quando parla di pane e solidarietà. La stessa cosa.

Ma chi é, in due parole, l’inventore di Acquaviva?’

“Sono un autore che si autoproduce. Sono diventato editore per forza di cose, perché non ho avuto spazio presso i grandi editori; ma sono contento di questo perché ho guadagnato la libertà. D’altronde i grandi editori di una volta non ci sono più, quelli che avevano il fiuto, sapevano chi aveva la stoffa. Ora non c’é dirigenza filoletteraria ma filoeconomica. Così, negli anni ho imparato a fare libri particolari, unica arma per controbattere la concorrenza: i grandi lasciano spazi vuoti che io vado a individuare, infilandomi dove non c’é concorrenza: il libro fatto a mano, pennellato, rilegato a mano, in tirature basse, lo stretto necessario.”Opere tue e…

“Il resto sono opere inedite di autori che mi piacciono. Bazzico sempre le librerie e se mi accorgo che l’editoria ha trascurato un libro che vale, vado a segnalarlo. Poi novità e i testi dei miei amici, che reputo bravi. Circa 40/50 testi all’anno, ma ci sono anni che faccio 10 libri soli. Mi occupo di tutto io, ho avuto amare esperienze. Dicevo: mi fido, non c’ho una lira… che cazzo mi rubano? Invece c’erano da rubare i miei libri… Mi é capitato: così faccio da me e faccio meglio. Sono stato sempre da solo, curo anche l’illustrazione, l’impaginazione. Ma non faccio niente di speciale: i miei maestri sono del rinascimento italiano… So fare un po’ di tutto perché l’artigianato é la via che ti garantisce la libertà al di là della gabbia del lavoro salariato. Se lavori per altri ti mettono sotto.



Come “Acquaviva” c’é a Milano solo “Pulcino e elefante”?

Abbiamo cominciato insieme, ma lui fa libricini di una sola poesia…



Ci racconti com’é iniziata la tua avventura?

“Ho cominciato come autore, a scrivere da piccolo; avevo un istinto allo scrivere, mi sono prodotto il primo libro a 17 anni: una raccolta di poesie fatta col ciclostile del mio gruppo. Non me lo volevano far fare, anche se la macchina era anche un poco mia. Seguire il sentimento era considerato piccolo borghese, non era consono ai tempi: la poesia non serviva a cambiare il mondo. Mi sono sempre sentito a disagio con questa prospettiva. Mi prendevano per matto per questa mia ‘mania’.”



E hai continuato. Partendo dalla Puglia…

“Acquaviva” é il nome del mio paese. I primi lavori erano fogli pinzati…Purtroppo ho cambiato tante di quelle case a Milano che ho perso molto di quel materiale. …Ho cominciato a scrivere romanzi, il primo l’anno prima di prendere la maturità. Si chiamava “I Ragazzi Maledetti” ed era ambientato a Milano. Per me era un luogo di fantasia, ma me l’ero immaginata così come era, come é ancora adesso, é il locomotore d’Italia: quello che si fa e si pensa, lo si fa e lo si pensa prima a Milano. Avevo il mito di Milano, in quegli anni qui c’era un casino unico. Sono venuto su e appena arrivato mi sono trovato immediatamente in una manifestazione con le cariche della polizia. Ero nel movimento, all’epoca, ma sapevo di essere diverso; per la letteratura. Certi amici mi incoraggiavano: “scrivi, racconta quello che vedi” e mi regalavano libri di poesie; dentro un libro mi scrissero: “che tu possa diventare il Prevert della gioventù contemporanea italiana”, poi “che tu possa diventare il Maiakoski degli anni ‘90″. Ho iniziato a bazzicare le case editrici per lo più con i miei abbozzi - ora lo dico con senso critico - ma avevo 21 anni e mi credevo Hemingway. La Feltrinelli diceva che si poteva far qualcosa, ma andavano limati, rifatti…Ma poi non andavano mai bene, cercavano di tagliarmi le scene più crude. Ed io, come poetica, voglio dire la verità, sempre, anche se va contro le mie convinzioni.”



Altro incentivo a far da sé. Ma parlaci del tuo ultimo lavoro, “Il Professore di Filosofia”..;

“E’ l’ultima cosa che ho pubblicato; ho molto nel cassetto tiro fuori secondo estro.”



Allora più che nuovo é inedito, ed é uno tra tanti…Scritti con quali prospettive?

“Produco tanto, non tantissimo, i miei maestri sono i modelli della letteratura, e me ne fotto di chi ha successo; non per presunzione, ma perché ho un mio modello di letteratura che perseguo. Corro su me stesso, non sugli altri. Mi basta vendere 50 copie e son contento, basta che siano finite nelle mani giuste… Vendere 100.000 copie mi piacerebbe, ma solo per tirarmi fuori dalla sacca di povertà in cui sono nato e da cui non riesco a venire fuori. Non per il benessere, quello ce l’ho già; ma vivo in maniera precaria, non so domani cosa posso guadagnare. Credo a quello che i greci dicevano: ‘chi persegue l’arte non ha da preoccuparsi, gli daranno da mangiare gli dei.’ Tu non ci crederai, ma é vero. Io rimango tranquillo anche senza soldi: sono stato 3 mesi senza una lira in tasca e ho scoperto che si vive lo stesso; succedeva 20 anni fa: lo scoprì una mia amica, mi disse “ti do 300 mila lire, non puoi stare senza”; io mi rifiutai, mi ero abituato a stare senza soldi e la cosa mi prese. Ci presi gusto. …In realtà se ho qualche lira immediatamente faccio libri, se no mi fermo. Così va: i libri e i lettori mi danno da mangiare. Un mio amico poeta ha scritto nelle mie note biografiche che sono l’unico scrittore di Milano che conosce uno ad uno i suoi lettori. E’ quasi vero.”



Ma ti leggono anche sconosciuti…

“Ho una buona distribuzione e i miei libri le librerie se li sono sempre presi. Ho scoperto che piacciono molto in Emilia e in Toscana.”



… Qual’é la caratteristica della tua produzione?

“Sono diventato un personaggio tra gli altri personaggi: non c’é il mio io; il filo conduttore e’ in ciò che vedo intorno a me: metto l’idea al centro del romanzo. I personaggi sono veri, non sono io che me li invento. La mia ambizione é raccontare il mio tempo e trovare qualcosa che lo superi, in meglio, che lo proietti verso un cambiamento anche solo fantasticato. Imposto così i miei lavori. ”



E’ da tanto che scrivi?

“Sono 30 anni che faccio libri, anche di più. Non li conto, gli scrittori sono scaramantici, mai contare niente; é una superstizione che mi ha attaccato Hemingway. Non voglio sapere quanto ho scritto. Scrivo sempre, certi periodi per 8 o 9 ore al giorno; se non é così un romanzo non riesci a scriverlo, non lo fai nei week end. Io mi lascio prendere dalla mia vena. Ho due linee di ricerca: il mio paese, le storie contadine dei lavoratori della terra; e l’altra, predominante, metropolitana. Comunque racconto sempre e soltanto una città, Milano.”



Com’é la tua Milano?

“Milano per me é una bellissima città, la più bella del mondo; perché é la mia. Bari, che sarebbe capoluogo della mia regione, é un paesone; si vive come ad Acquaviva. i movimenti, la disparità di mentalità il contatto con l’Europa e anche con l’America…Io sento queste presenze qui.. Milano é una metropoli cosmopolita; soprattutto i primi tempi, anche della varietà umane d’Italia: trovi siciliani, pugliesi… Fai una domanda in tedesco e ti rispondono in siciliano, diceva Dalla. C’é la presenza completa dell’Italia tutta, europei, americani - e gli europei parlano l’italiano più di quanto gli italiani parlino le lingue europee.”



Qualcuno dice che la città é cambiata in peggio negli anni….

“Vivo la Milano di notte, e la Milano di notte ti posso dire che é sempre quella. Piena di poeti, di artisti, di matti, di sballati, di esaltati, di fuori di testa. La Milano notturna è una città allegra, quasi brasiliana; e poi c’é quella di giorno, la città della norma e del dovere, che va di corsa con la cravatta annodata a puntino e il cervello sballato. La mia é la Milano proletaria e sottoproletaria: esiste ancora, anche se ha cambiato luogo di residenza. Prima Brera era un quartiere proletario, le vie si riempivano di pittori che scendevano dagli appartamenti che occupavano, era una mostra a cielo aperto, c’erano ubriaconi, vendevano sigarette di contrabbando; ora quella povera gente si é trasferita in periferia; anch’io sono stato sfrattato, all’inizio ero in via Pontaccio, ora sono in uno dei quartieri più degradati di Milano. …E’ una città ricca ma ci sono sacche di povertà grosse… Un egiziano appena arrivato dal suo paese venne ad abitare dove stavo io. Lui stava con suo fratello. Entrò nel cortile e disse: “‘minchia, un palazzo così fatiscente non c’é neanche al Cairo! Peggio del 3° mondo…” …Si trattava una vecchia casa di ringhiera di poveri pensionati, artisti, gente sola, operai, prostitute, rapinatori, ex galeotti. …Uno che vive di arte non ha tanti soldi: va nel buco dove può sopravvivere, quindi dove stanno i poveri.”



Credi di essere rimasto provinciale, nella tua anima?

“Acquaviva é la mia radice; sento un grande orgoglio, rivendico la mia origine; in tutti il libri che faccio, infatti, metto il disegno della piazza del mio paese. Ma non mi reputo provinciale, sono metropolitano a tutti gli effetti. Milano l’ho bazzicata in lungo e in largo, sui tram o a piedi per combattere la disperazione di certi giorni. E’ la mia ricetta personale quando sono angosciato: me ne vado a ramengo: salgo sul mezzo, vado al capolinea, scendo, entro nel primo bar mi siedo. Sistematicamente c’é qualcuno a cui offro da bere e ci si mette a parlare. Un contatto con un mio sconosciuto, un mio simile al quale confido la mia pena di botto, mi scarica, e guarisco delle mie paranoie. …Non solo ho le mie: mi carico anche dell’angoscia degli altri, dei problemi del mondo, che poi si risolvono quasi sempre - o almeno si dibatte della loro risoluzione - ad un tavolo con davanti patatine, un bicchiere di vino, un panino, a parlare dei massimi sistemi. Le più grandi e belle discussioni di fatto le ho avute a ’sti tavoli con amici o perfetti sconosciuti: ho visto che c’é tanta sapienza in giro, ignorata da tutti. Uno che passa la vita a studiare la filosofia indiana, lo becchi e pensi: “quanto ha studiato! Non sono l’unico pazzo che persegue la sapienza!” …C’é tanta gente umile, operai, ciabattini, piena di cose da dire…Te ne accorgi in un paio di ore; non devi prendere appuntamenti perché pazzi qui li trovi a tutte le ore… E tutti ’sti pazzi entrano nei miei libri.”



Quindi: W la Paperopoli lombarda…

“Ho vissuto anche in altre città, Venezia, Roma, Firenze: nessuna é come Milano: qui é possibile, per chi vuole combinare qualcosa; C’é sempre qualcosa di nuovo, qualcuno che dice “stanotte ho fatto ’sto pensiero, che ne dici?” E tu: “sei un genio!” oppure “é una cagata”… C’é un confronto serrato continuo. E’ una città commerciale, ma questo di giorno. Però si vive sempre fino alle 4 di mattino, di notte c’é più traffico che di giorno; nelle altre città sono più goderecci; lungo il Naviglio grande, pieno di goderecci, puoi ancora trovare un bar scalcagnato in cui ti ficchi e trovi un fan di Dostoevski , che ti fa una lezione su di lui. Ci saranno anche nelle altre città, ma in modo così massiccio ti garantisco di no. …E’ la citta meno borghese d’Italia - ti sembrerà una coglionata - ma al tempo stesso é la più borghese di giorno. Di notte c’é però una popolazione massiccia di artisti, e la città ha un cuore grande: non fa morire di fame nessun artista. Io campo perche mi nutro del grande cuore di milano. La massa mi guarda, con la mia bancarella, guarda i libri e li compra senza nessun pregiudizio. Non c’é paura di parlare con me; c’é chi ti prende per matto e chi per maestro. …Io ho fatto quello che ho fatto grazie a Milano, città d’arte italiana, strana: la sua bellezza é dietro le quinte, la devi cercare; sulle prime di respinge, all’apparenza…Però…. Ho scritto una volta che ha così tanti panettieri che non lascia mai nessuno senza pane. Lo so perché facevo il panettiere; facevamo il pane per mezza città. Ho fatto mille lavori, lavoravo tre mesi di seguito senza sosta, diventavo un fantasma pero’ guadagnavo questi sei sette mesi per scrivere. Ho preso la laurea cosi, faticando e lavorando.”



Sei laureato in…

“Sono laureato in filosofia alla Statale: Utopia in Marx e Ersnt Bloch. Marx é filosofo, il politico é conseguenza della sua filosofia. Bloch é stato l’unico nel ‘900 a seguire le sue orme. Marx mi ha insegnato a ragionare con la mia testa. Quando avevo 20 anni lo studiavo e sentivo i comunisti. Dicevo: ma che cazzo stanno dicendo, questo non lo dice Marx! …Non avevano letto il Capitale, opera non di politica o economia ma di filosofia: il titolo é “Critica”, e rimanda a Kant, Hegel e il romanticismo. Come aveva detto Platone: o i filosofi fanno i re, i politici, o é un casino per tutti. Marx ha messo in pratica questo programma: andare all’attacco del potere politico con la filosofia. Non l’hanno capito, in tanti lo hanno preso per scienziato ma lo é solo in senso socratico. Il metodo per accertare la verità é di vedere insieme le cose, tramite la dialettica, il dialogo, il confronto, il reciproco riconoscimento della propria umanità - perché nessuno di noi é dio, né una bestia: non crediamoci superiori ne inferiori. Lui diceva: “io vedo che il lavoro non é una merce, non può esserlo perché é l’attività dell’uomo, é una merce speciale, quella che produce valore e non ha prezzo: tu puoi pagarmi un miliardo ma non mi paghi abbastanza perché mi compri la libertà. L’uomo libero dice: “ma ficcatelo nel culo, non mi serve il tuo miliardo”.

…Bill Gates, ho letto che può permettersi il lusso di pagare per un anno intero da mangiare e bere a tutti gli uomini della terra. Fossi lui mi prenderei tutta ’sta soddisfazione. Come cazzo faccio a mangiare come 7 miliardi di persone? Ma io sono un uomo! Oltre tre bistecche di manzo mi portano al Fatebenefratelli!! …Come uomo sono limitato e ho bisogni limitati. Epicuro distingueva tra bisogni naturali e artificiali: quelli naturali sono facili da soddisfare, ma quelli mentali…! Questa pazzia di possesso fa scattare la disumanità dell’uomo…I mali del mondo poi, però, ci capiteranno sulla testa: non puoi tenere due terzi del mondo sotto. C’é gente che rischia la pelle per venire in italia nel nostro paradiso… che ho scoperto qual’é… Non so se hai notato gli extracomunitari quando vanno al supermercato: non credono ai loro occhi quando ci vanno: gli occhi gli luccicano perché c’ é tanta roba, la possibilità di comprare.”



Tanto-troppo, e da impazzire…

“La parola ‘follia’ la metto in tanti titoli perché vedo che aumenta la possibilità della follia: una persona normalissima può diventare assassino. Io ho pena quando vedo quelle cose: faccio un esame di coscienza e penso che potevano capitare anche a me quelle cose e poi un santo mi ha salvato. ….D’altronde, i messaggi che passano - rampatismo, usare l’altro, correre sempre - genera violenza, invidia, gelosia… E l’invidia porta pure sfiga; io sono nel mio piccolo, vendo libri per strada per sopravvivere come autore e vedo gente che mi invidia. Perché non invidiano le mie scarpe bucate, i miei mesi di lavoro passati alle fonderie di Affori, i miei anni passati a fare il panettiere? …chevdiventavo come uno scheletro, 10, 12 ore al giorno, 17 al venerdì… Ti passava anche la fame e facevi la sauna. Ora lo stanno facendo con gli extracomunitari. Una volta questi lavori di merda li facevamo noi italiani, ma erano obbligati a pagarci. Non é che gli italiani non vogliono fare certi mestieri, é che vogliono essere pagati il giusto. Un lavoro che facevo 25 anni fa di notte mi dava 12OOO lire all’ora …Un paio di anni fa, in ristrettezze, ho chiesto nello stesso luogo: tranne sfigati e poveracci non c’erano italiani. Perché danno 5 euro… Ma non prendiamoci per il culo! Sono 5 mila lire se ti va bene… La paga é dimezzata dopo 25 anni. Va bene lo sfruttamento, però…! Gli italiani rifiutano lo sfruttamento portato all’ennesimo livello.”



Nessuno protesta più di tanto e la politica non interessa…

“Ma tutto é politica. Anche Robinson Crousoe incontra il suo venerdì, e comunque vedo pochi che possono essere come lui. La politica é una bella cosa, mostra quello che sei dentro. Ognuno ha diritto, la sua dignità e il suo ideale: purtroppo l’uomo tende a trasformare il proprio avversario in nemico. Poi…Il proletariato é disinnescato e sfrantumato. Gli operai stanno per andare in pensione… C’e la divisione mondiale del lavoro: l’occidente é la borghesia, il terzo mondo il proletariato. Ma manca un proletariato nazionale. Chi difende le posizioni acquisite, sono battaglie di retroguardia: non c’é futuro davanti a loro.”



C’é da ridere o da piangere?

“A raccontare la verità si ride e si piange: la realtà fa ridere e piangere… L’ironia non deve essere solo verso gli altri, ma soprattutto applicata a sé. Se sei sceso a faccia a terra in una pozzanghera non é decoroso dirlo, ma uno scrittore lo ricorda. Vede per prima cosa la propria povertà, e se la vede nell’altro non ne ride: ne ha compassione. Io non cerco di far ridere, anche se lo faccio. La prima cosa che cerco di trasmettere é sempre la compassione.”



Sentimento anche dei testi di Alda Merini, tua amica, che pubblichi…

“E’ la mia maestra di poesia, incarna oggi in Italia la poesia, il poeta nella sua carne, nella povertà, nella sua ricchezza, nel suo miracolo. Ma siamo in italia..lasciamo perdere…”



‘Acquaviva’ pubblica Merini, Angelillo ma anche sconosciuti…

“Ho tanti libri di Alda. …Ma mi disse un mio lettore: cosa c’hai di nuovo che lo compro? (ho lettori che se ne comprano 6 in una volta, ce l’hanno come promemoria, gente umile). Questo faceva la guardia nei negozi. Gli dissi: “ho questi di Alda Merini”. E lui: “ma che cazzo me ne frega, voglio i tuoi…” Il senso era: non voglio autori famosi.”



Hai un obiettivo, con Acquaviva e con le tue opere?

“Non mi prefiggo nulla. il fine é fare i libri. Il libro é strano, se lo lasci, una volta che l’hai fatto ha il suo destino più o meno fortunato; però ha la sua strada, tocchi cuori che non conosci e non conoscerai mai. Poi… non c’é un modello davanti a me. A Milano c’é un tipo che ha pubblicato la rivista ‘Wurz’, uno del romanticismo. Un mio amico gli disse: “l’hai trovato Wurz, é Angelillo”; e lui: “chi? lui? cosi malridotto? ma vaffanculo..” Ma Wurz faceva come me, era un artigiano. Lui l’aveva incontrato e l’ha ripudiato.”
Wurz-Angelillo, comunque, non se ne cura. Continua la sua avventura romantica senza indugi: “la nostra societa definisce il lavoro solo per far profitto; si lavora però anche per realizzarsi; quanto si lavora per il salario, quanto per se stessi?”

La sua domanda é un’affermazione. Lui ha scelto la libertà rinunciando al salario. Che, quando ce l’ha, l’investe per produrre libri, in un circolo che se va é virtuoso. …Dopotutto ce la fa. Consegnando alla storia una buona messe di libri e l’idea romantica di una Milano che c’é e non c’é e che concede spazio ad un poligrafo radicale che fa l’editoria armato solo di mani, idee e sentimenti.